sabato 13 ottobre 2012

Recensione "L'ultima canzone"- Nicholas Sparks

Nel corso del terzo anno di Liceo classico, la professoressa di scienza mi ha spiegato di come Charles Darwin abbia trovato le prove a favore dell’evoluzione. Ecco la prova che avrebbe fatto al caso suo sarebbe stato proprio Nicholas Sparks. Dopo la recente delusione di “I Passi dell’amore” (bellissima storia, ma lo stile dell’autore non dava il giusto peso al libro) e “Le pagine della nostra vita” (Lettura interrotta a metà libro), mi cimento in “L’ultima canzone” per dare a Sparks un’ultima chance di sorprendermi con il suo tanto decantato talento. Bene, con quest’ultimo romanzo Sparks ha sfruttato bene l’ultima possibile che gli avevo concesso. Questo romanzo sembra qualitativamente migliore degli altri due nonostante la trama stereotipata, letta e ri-letta nei numerosi romanzi adolescenziali.

Ronny è una giovane ribelle newyorkese di soli 17 anni che si vede costretta a passare l’estate in una piccola cittadina della Georgia, in compagnia di un padre odiato da ormai tre lunghi anni, ritenuto responsabile della perdita del nucleo familiare, in compagnia del suo piccolo fratellino Jonah. Ronny odia questa cittadina, odia convivere con il padre e odia la madre per averla costretta. Ma e proprio qui, in un posto che non avrebbe mai scommesso, che presto inizierà a vedere tutto con occhi diversi ma soprattutto con sentimenti diversi. Conoscerà Will Blakelee, un bellissimo ragazzo di cui si innamora vivendo una bellissima storia d’amore con esso. Ronny riuscirà anche a recuperare il rapporto con il padre per il poco tempo che gli rimane da vivere, avendo un tumore allo stomaco che lo consuma giorno per giorno. E come ultimo gesto verso il padre-da-poco-ritrovato- Ronny completerà una melodia al pianoforte (l’unica cosa che li accomuna) già abbozzata per lei dal padre, poco prima della morte di quest’ultimo, la loro ultima canzone.

Ok, trama poco originale, ragazzina ribelle, impertinente, da prendere a schiaffi, si innamora del super figo della spiaggia che riuscirà a cambiarla e a farle comprendere l’amore del padre, che la indurrà a riprendere lo studio del pianoforte bla bla bla. Ok sarà scontato, prevedibile, banale ma a me è piaciuto. Mi è piaciuta la storia d’amore con questo super figo, mi è piaciuta il luogo in cui è ambientato, mi è piaciuto Jonah ma soprattutto mi è piaciuta la parte riguardante il rapporto padre-figlia, un rapporto dapprima critico, fatto di silenzi durati tre anni, fatto di odio per l’abbandono, ma fatto anche di pazienza, di riscoperto amore, di complicità, di confidenze, rimorsi, espiazioni e voglia di stargli sempre accanto, nel periodo di malattia. E’ un romanzo basato sull’importanza del perdono perché non sempre si può rimediare agli errori, alla rabbia all’odio, alle sciocchezze commesse nella vita e allora bisogna solo saper perdonare e comprendere prima che sia troppo tardi.

Ok, non è un capolavoro. Assolutamente No.
Nonostante l’evoluzione della specie-Sparks, non è comunque scritto magistralmente. Niente affatto, siamo ben lontani.
E allora? Beh allora è uno di quei libri che ti fa capire che il tempo a disposizione è sempre limitato e devi afferrarlo con entrambe le mani prima che fugga via inesorabilmente. 




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