domenica 30 settembre 2012

Tommaso Moro

Thomas More, conosciuto anche come Tommaso Moro, nacque a Londra il 6 febbraio 1478. Fu un umanista, scrittore e politico inglese alla corte di Enrico VIII alle quale vi entrò nel 1520 con il titolo di cavaliere. Figlio dell'avvocato Giovanni Moro, ebbe influenti amicizie come quella di Erasmo da Rotterdam il quale gli dedicò il suo "Elogio alla Follia". Lasua sensibilità religiosa lo portò alla ricerca della virtù attraverso un’assidua pratica ascetica: coltivò rapporti di amicizia con i frati minori osservanti del convento di Greenwich e alloggiò per un certo tempo presso la certosa di Londra, due dei principali centri di fervore religioso nel Regno. Sentendosi chiamato al matrimonio, alla vita familiare e all'impegno laicale, egli sposò nel 1505 Giovanna Colt dalla quale ebbe quattro figli. Giovanna morì nel 1511e Tommaso sposò in seconde nozze Alicia Middleton, una vedova con figlia. Fu per tutta la sua vita marito e padre affezionato e fedele, intimamente impegnato nell'educazione religiosa, morale e intellettuale dei figli. La sua casa accoglieva generi, nuore e nipoti, e rimaneva aperta per molti giovani amici alla ricerca della verità o della propria vocazione. Nel 1504, sotto il regno di Enrico VIII venne eletto per la prima volta al Parlamento. Enrico gli rinnovò il mandato e lo costituì rappresentante della Corona nella capitale. Fatto membro del consiglio della Corona, giudice presidente di un tribunale importante, vice-tesoriere e cavaliere, divenne nel 1523 portavoce, cioè presidente della Camera dei Comuni. Enrico VIII, contrastante le idee di Lutero, chiese l'aiuto di Tommaso Moro per scrivere "Difesa dei sette sacramenti", una polemica contro le idee protestanti di Martin Lutero che gli fece guadagnare il titolo di Difensore della fede da parte di papa Leone X. Moro, universalmente stimato, anche nel corso dei secoli, per l'indefettibile integrità morale, l'acutezza dell'ingegno, il carattere aperto e scherzoso e la straordinario erudizione, nel 1529, periodo di crisi politica per l'Inghilterra, fu nominato Cancelliere del regno. Fedele ai suoi principi si impegnò a promuovere la giustizia e ad arginare l'influsso deleterio di chi perseguiva i propri interessi a spese dei deboli. Nel 1532, non volendo dare il proprio appoggio al disegno di Enrico VIII che voleva assumere il controllo sulla Chiesa in Inghilterra, rassegnò le dimissioni. Così tre anni dopo restituì il sigillo di cancelliere adducendo motivi di salute: egli, in realtà, si ritirò a vita privata in quanto non condivide le decisioni di Enrico VIII sul divorzio dalla regina Caterina ed avendo ben compreso a quali conseguenze essa avrebbe portato. In un primo tempo Moro sfuggì a un tentativo di collegarlo a un episodio di tradimento. Tuttavia l'approvazione nel 1534 dell'"Atto di successione" da parte del Parlamento di Westminster (che includeva un giuramento che riconosceva la legittimità di ogni figlio nato da Enrico ed Anna Bolena e ripudiava ogni autorità straniera, principe, o potentato) si rivelò uno strumento nelle mani della corona contro gli oppositori del re. L'Atto prevedeva infatti che questo giuramento non venisse richiesto a tutti i sudditi, ma solo a coloro che vennero specificamente convocati a prestarlo: ovvero, coloro che rivestivano un incarico pubblico e coloro i quali erano sospettati di non appoggiare Enrico. Moro venne chiamato a prestare tale giuramento nell'aprile del 1535 e, a causa del suo rifiuto, fu imprigionato nella Torre di Londra. Ma dopo che il Lord Cancelliere ha dettato la sentenza e prima di pronunciare la condanna, Moro interruppe dicendo. “Signor mio, quando rappresentavo io la legge, in questo caso bisognava domandare al prigioniero, prima della condanna, per quale ragione non lo si dovesse condannare”. Egli mise in mezzo non più l’atto d’accusa, ma la validità della legge stessa del parlamento su cui quell'atto si fondava. Era contraria alla costituzione della cristianità in quanto per nessuna legge nessun principe temporale può assumere per sé una preminenza spirituale che di diritto appartiene alla sede di Roma, che fu data da Nostro Signore in persona a san Pietro e ai suoi successori.La legge era contraria alle leggi d’Inghilterra, alla Magna Charta, al sacro giuramento che il re e ogni principe cristiano presta sempre e solennemente all'incoronazione  Proseguì dicendo che questo regno d’Inghilterra non può rifiutar obbedienza alla sede di Roma di cui è parte “più di quanto suo figlio possa rifiutarla a suo padre”. E all'obiezione del cancelliere: “Pensate a tutti i dotti del regno, ai vescovi, alle università, che hanno consentito a questa legge”, sostenendo che ostinatamente e insolentemente era rimasto solo, Moro rispose “Se il numero dei vescovi e delle università è così importante come le vostre Signorie sembrano credere, allora io non vi vedo sufficiente motivo, mio Lord, che possa indurre la mia coscienza a mutare; poiché non ho alcun dubbio che in tutto il cristianesimo, se non in questo regno, coloro, tra i dotti vescovi e gli uomini virtuosi, che pensano come me non sono in minoranza. Ma se parlassi di color che sono già morti, molti dei quali sono ora santi in cielo, sono sicurissimo che la maggioranza di essi pensavano su questo punto durante la loro vita come penso io. E pertanto io non sono legato, mio signore, a conformare la mia coscienza al Consiglio d’un solo regno, contro il Consiglio intero della cristianità. Perché dei predetti santi vescovi io ne ho, per ognuno dei vostri, più di cento; e per un concilio e un parlamento vostro (Dio sa come fatto) io ho tutti i concili tenuti da mille anni a questa parte. E per questo solo regno, io ho tutto il regno cristiano… Comunque, non è tanto per questa supremazia che voi chiedete il mio sangue, ma perché io non ho voluto approvare il matrimonio. Il 6 luglio 1535 alle 9:00 viene decapitato per intercessione del re e non impiccato, sventrato e squartato, come avrebbe voluto l’accusa di tradimento. Moro salito sul palco, chiese alla folla di pregare non solo per lui ma anche “per il re, affinché Dio gli dia buon consiglio”. Tommaso Moro insieme ad altri 53 martiri, tra i quali il Vescovo Giovanni Fisher, fu beatificato dal Papa Leone XIII nel 1886. Insieme allo stesso Vescovo fu poi canonizzato da Pio XI nel 1935, nella ricorrenza del quarto centenario del martirio. Con un “motu proprio” del 31 ottobre 2000 Giovanni Paolo II lo ha proclamato protettore dei politici.

giovedì 13 settembre 2012

Recensione "Petali sull'acqua" - Kathleen E. Woodiwiss


Virginia 1747. Nel piccolo villaggio di Newportes Newes, approda una nave negrita, la London Pride, con il suo carico di detenuti deportati in America per essere venduti come schiavi. Ma a bordo della Pride non tutti i detenuti sono colpevoli dei reati a loro imputati, perché tra gente si trova la bellissima irlandese Shemaine O’Hearn: figlia di un ricco commerciante irlandese e una bellissima donna irlandese, Shemaine è vissuta tra sontuosi palazzi, lussi, agi e comodità, con uno stuolo di servitori pronti a soddisfare ogni suo piccolo capriccio. Educata, raffinata ed elegante, nonostante la ricchezza in cui si trova a vivere Shemaine non ha nobili origini. Il più grande errore di Shemaine è stato quello di esser promessa in sposa allo scapolo più ambito di tutta Londra, l’affascinante marchese Maurice du Mercer. Purtroppo la nonna di Maurice, Edith du Mercer, sua unica parente, ha ben altri progetti per il suo unico erede e tra questi non rientra chiaramente il matrimonio con una ragazzi di infime origini. Non essendo riuscita ad allontanare Shemaine dal nipote e dall’Inghilterra, Edith ordisce un piano per accusare Shemaine di furto e obbligarla ad abbandonare l’isola. Temendo che Maurice possa spingersi fino in America per cercare la sua bellissima fidanzata, Edith commissiona la morte di Shemaine. Una volta a bordo della London Pride, la nave che porterà Shemaine verso una nuova vita in Virginia, la fanciulla fa la conoscenza di coloro che cercheranno di renderle la vita un inferno attentando alla sua vita: l’intrigante prostituta Morrisa Hatcher e James Potts. Come in ogni libro della Woodiwiss , i personaggi possono classificarsi nei seguenti modi: cattivi, brutti e ridicoli che attentano alla vita dei protagonisti, vecchie zitelle invidiose che cercano di sottrarre il principe azzurro alla nostra protagonista, e ovviamente i due protagonisti dotati di una bellezza sovrumana, dal carattere nobile che farebbero invidia a tutti i santi del calendario (infondo non la biasimo molto perché questi volumi sono fatti per sognare, ma mi sembra che in questo romanzo venga tutto ingigantito). Il nostro principe azzurro si profila nei panni di un colono di nome Gage Thornton, un uomo avvenente, alto, slanciato, snello dallo sguardo penetrante, gli occhi ambrati e le fattezze perfette. Gage è un trentatreenne, vedovo con un figlio a carico e si reca sulla Pride con l’intento di acquistare una bambinaia per Andrew il bimbo-prodigio di appena due anni che costruisce frasi grammaticalmente perfette, senza storpiare un singolo termine. Gage Thornton è figlio di un Lord inglese giunto in Virginia nove anni prima per un dissidio col padre. Lord William Thornton è un ricco costruttore navale e così come il padre anche Gage ha una passione per l’edilizia, e in Virginia possiede un laboratorio in cui costruisce elegantissimi mobili di pregiata fattura che sono poi venduti ai ricchi signori di Newportes Newes. In realtà la più grande aspirazione di Gage è di realizzare velieri e vederli poi un giorno solcare i mari. Infatti, dedica parte della sua giornata alla costruzione di una nave mentre si guadagna da vivere con la vendita dei mobili. La moglie di Gage, Victoria è morta “accidentalmente” un anno prima cadendo dalla prua della nave su alcune rocce che le hanno spezzato il collo e pur essendo stato apparentemente un incidente, alcune pettegole di Newportes Newes insistono con l’accusare Gage della morte della moglie. Quando così Gage sale a bordo della London Pride per cercare una balia al figlio, rimane folgorato dalla bellezza di Shemaine che neanche lo sporco e il sudiciume riesce a celare. Osservando attentamente questo raro fiore che casualmente gli è giunto tra e mani, Gage si prefigura già la sua vita accanto ad una donna così bella che potrebbe perfettamente ricoprire i panni di moglie. Tanto più la sua convinzione si fa sempre più radicata quando Shemaine, ingenua e dolcissima fanciulla, si mette ai fornelli per cucinare qualcosa a questo gentilissimo padrone e ricorda miracolosamente e alla perfezione tutte le ricette che la povera cuoca Bess ha cercato inutilmente di insegnare a Shemaine. In seguito la giovane donna di affezione in maniera smisurata al piccolo Andrew che si ritrova a preferirla alla madre di cui inizia a non ricordare molto. Folgorato da tutte le ottime qualità della donna Gage si convince sempre più di aver fatto un ottimo affare. Perciò non solo la flessuosa e morbida visione del suo corpo, i suoi capelli rosso fuoco,gli occhi verde smeraldo, la pelle color avorio e il suo volto angelico gli fanno desiderare di averla carnalmente, ma si rende anche conto che Shemaine è il suo ideale perfetto di donna, e un’ottima madre per il figlio. Nel frattempo Shemaine si concede qualche sbirciatino al suo enigmatico e generoso padrone: un uomo meraviglioso tale da rendere il confronto con l’ormai sbiadito Maurice. Nonostante le cattiverie che circolano sul conto di Gage, Shemaine decide di fidarsi di lui. Il suo atteggiamento così garbato e premuroso spazza via ogni minimo dubbio e la passione non tarda a venir fuori da questa graziosa verginella che non può però ignorare le consuetudini e il suo senso di pudore. Gage inzia così a fare una corte insistente alla sua bellissima serva, stile Elisa di Rivombrosa (la versione scadente però), finchè una sera non le fa la tanto attesa dichiarazione. Lei, com'è naturale, non può resistere al suo fascino e accatte senza troppi dubbi la proposta di Gage. I due si sposano così in fretta dando il via a una lussuria sfrenata da fare invidia a Enrico VIII. I loro dialoghi si spostano esclusivamente sui loro piaceri coniugali, alla ricerca di altri divertimenti che possano tenerli occupati durante la notte. Intanto però Potts non si ferma nel suo intento di uccidere Shemaine e assistiamo più molte al suo mandano omicidio. Presto giunge a Newportes Newes Lord William Thornton, desideroso di ristabilire i rapporti con il figlio perduto tale da beccarsi una lancia nella schiena durante uno dei tanti attentati alla vita di Gage e Shemaine. Il vecchio però nonostante la sua veneranda età, è forte e duro a morire e si abbandona ad una allegra convalescenza rivelandosi il nonno più amorevole che abbia mai visto. Intanto per impedire il pericolo di un altro attacco alla moglie, Gage insegna a Shemaine a tirare col moschetto, di conseguenza piombano nuovi cadaveri che, come se non bastasse, aumenteranno il lavoro di Gage. Ma nonostante questa sia la storia degli esseri perfetti e immortali, giungono a rovinare l’esistenza della coppia, i genitori di Shemaine accompagnati del ben-arrivato-finalmente ex-fidanzato Maurice il quel tenterà disperatamente di riportare la fidanzata in Inghilterra. Ma nonostante l’imponente figura del fidanzato che non ha nulla da invidiare a Gage Thornton, Shemaine ha ormai fatto la sua scelta e resterà con il marito che ha scelto, dal quale ora aspetta anche un bambino. Ma la storia non termina qui. La decrepita ma ancora miracolosamente in forze, Edith du Mercer, nel suo ultimo tentativo di uccidere Shemaine, giunge a Newportes Newes dove commissione nuovamente la morte dell’odiata irlandese : quest’ultimo gesto non solo fallirà ma gli costerà anche l’amore del nipote, il quale rifiuterà di riconoscerla come nonna e, abbandonato il tentativo di riportare Shemaine tra le sue braccia, rimarrà in America a fare la corte ad una bellissima e giovanissima Garland. Smentita ormai ogni accusa che riguardava l’omicidio di Victoria, i genitori di Shemaine non hanno più scuse per disapprovare il loro inaspettato genero e acconsentiranno a vivere in Virginia assieme alla figlia dopo aver venduto tutti i possedimenti in Inghilterra. Il commercio di mobili e navi non puà che andare a gonfie vele visto l’innato talento di Gage e i due sposini realizzano un progetto di ampliamento della casa, in vista dei numerosi figli che arriveranno evidentemente troppo presto e degli ospiti che accoglieranno e così la bella favola avrà il suo buon termine con i protagonisti che vivranno la loro vita esclusivamente in vista che accadrà nella loro stanza da letto. 

Mia signora Woodiwiss perché mi ha talmente deluso, quando pensavo di leggere un romanzo al pari di “Come cenere nel vento” o “Il fiore e la fiamma”? L’idea in se non era spregevole, ma mi spiega perché ha abbandonato la sua storia in balia di continui spargimenti di sangue, inutili e monotoni? La base c’era, lo stile è inconfondibile e riesce sempre a conquistare, e se ho continuato la lettura fino alla fine, è stato solo per il suo grande talento e per l’amore che provo per le sue storie. La storia prosegue in un susseguirsi di episodi giornalieri che sfociano nella noia più totale. Il tasso di miele e zucchero è particolarmente alto per non parlare dell’erotismo e della lussuria che ha davvero superato gli altri libri. I personaggi sembra ancora più surreali delle altre storie che, se solitamente apprezzo perché in fondo questo genere di romanzo è scritto che divertire e far sognare, questa volta mi ha lasciato di sasso; i due personaggi principali vanno oltre la santità, e anche il piccolo Andrew ci viene mostrato come uomo in miniatura che si comporta come tale e che a differenza dei semplici bambini che abitano il pianeta Terra, farebbe ingelosire lo stesso Pirandello. Insomma di imperfezioni ci ne stanno, di esagerazioni anche di più e se consiglio di leggere questo romanzo e solo per chi come me ama la Woodiwiss e desidera, ormai, leggere tutti i suoi volumi, buoni o scadenti che siano.

Recensione "Harry Potter e i Doni della Morte" - J.K.Rowling

Dopo sette lunghi ed emozionanti libri siamo giunti al termine di questa straordinaria saga. Questa più che una recensione vuole essere un saluto a chi ti ha fatto condividere momenti travolgenti, di divertimento, stupore, meraviglia, apprensione, dubbio, angoscia, rimorsi, terrore, che ti ha fatto ridere con le lacrime o piangere vere lacrime di dolore per la perdita di un amico, chi ti ha permesso di vivere un’altra vita, più irrazionale ma anche più emozionante e ricca; chi ha inventato uno sport che si è fatto amare per la sua slealtà, ma per il semplice gusto di condividere il lavoro di squadra, per averci raccontato di una scuola che nonostante i pesanti ed eccessivi compiti, gli esami, le punizioni si può considerare come una famiglia che ti aiuta, ti premia, e ti da l’opportunità di conoscere sempre nuove persone che, nel bene o nel male, sono sempre presenti.

Mi mancherà Harry. Siamo cresciuti insieme tra risate, momenti di gioia, allegria ma anche pianti, e adesso come due buoni e vecchi amici ci diciamo addio; ma non per sempre, perché ogni volta che avrò bisogno di compagnia, Harry sarà sempre chiuso in quei libri riposti negli scaffali della mia libreria, pronto ad accogliermi come un vecchio conoscente e a farmi rivivere parte della mia infanzia e della mia adolescenza. Mi mancheranno Ron e Hermione che mi sono stati accanto e mi hanno dimostrato che gli amici veri sono pronti a tutto pur di aiutarti; mi mancherà Silente, perché grazie a lui ho imparato a non giudicare gli altri perché anche i migliori possono commettere errori; mi mancherà il nerboruto di Hagrid e le sue stravaganti compagnie; mi mancheranno soprattutto i gemelli Weasley che hanno dimostrato quanto una risata possa avere grandi benefici; mi mancherà Severus Piton che ha racchiuso tutta la sua vita in una sola parola: Always; mi mancherà Sirius che mi ha insegnato il valore della lealtà; mi mancherà Remus perché ha dimostrato che l’importante è ciò che vali, non ciò che sei; mi mancherà la meravigliosa Minerva McGranitt che nonostante i suoi atteggiamenti talvolta severi si è sempre dimostrata equa e pronta ad aiutare chiunque bussasse alla sua porta; mi mancheranno anche i Malfoy nei quali la malvagità è scalfita dall’affetto per il figlio; mi mancherà il sottoscala dal quale è nato tutto;e mi mancherà Hogwarts, il luogo nel quale troverò sempre un posto, ogni volta che vorrò tornarci..so che mi basterà aprire una pagina, per ritrovarmi tra quei grandi corridoi che sono stati lo scenario dell’epilogo della storia, ma anche scenario di grandi emozioni;ma soprattutto mi mancherà colei che mi ha insegnato a sognare, e che non c’è un’età per farlo: Grazie J.K.Rowling. Grazie per i luoghi magici e inquietanti, per i mille oggetti stravaganti, per le creature teneri o angoscianti, buffe e a volte spaventose, per gli animali, fieri, violenti, sanguinari e anche affettuose che hanno popolato questa storia ma che hanno anche varcato la soglia delle pagine e si sono catapultata tra le stanze di casa mia.

Grazie per il binario 9 e ¾.
Grazie per le cioccorane.
Grazie per le caramelle Tutti i gusti+ 1
Grazie per la Burrobirra.
Grazie per le scope volanti.
Grazie per la Pietra Filosofale.
Grazie per il Cappello parlante.
Grazie per il Mantello dell’Invisibilità.
Grazie per la Camera dei Segreti.
Grazie per Dobby.
Grazie per il diario di Tom Riddle.
Grazie per la Mappa del Malandrino.
Grazie per il nostro Prigioniero di Azkaban.
Grazie per il Calice di Fuoco.
Grazie per l’Ordine della Fenice.
Grazie per il pensatoio.
Grazie per l’amato Principe Mezzosangue.
Grazie per i Doni della Morte.
Grazie per la Pietra della Resurrezione.
Grazie per la Bacchetta di Sambuco.
Grazie per l’Expelliarmus
Grazie per l’Avada Kedavra
Grazie per aver racchiuso in sette libri l’amore e l’odio, la vita e la morte, il dolore e la felicità, il dubbio e la fiducia.
Grazie per averci ricordato che chi muore ci rimane sempre accanto.
Grazie Rowling per averci regalato questo e altro.
<<Sempre, fino alla fine>>

martedì 4 settembre 2012

Recensione "L'altra donna del re"- Philippa Gregory

Probabilmente sono in pochi a conoscere Maria Bolena, la sorella della regina d'Inghilterra Anna, l'altra Bolena, quella messa in disparte, l'ombra della Bolena favorita dalla famiglia e dal re; l'altra parte di Anna; l'altra donna del re. Maria Bolena è l'ultima rampolla delle due casate dei Bolena e degli Howard, da sempre l'altra figlia, seconda alla sorella maggiore Anna. Ma è su Maria che si sono posati gli occhi dell'affascinante re d'Inghilterra, Enrico VIII. E' lei la prescelta ad ottenere i favori del re, spinta dal subdolo e calcolatore zio Howard e dalla sua famiglia tra le braccia di Enrico e diretta tra le sue lenzuola, unicamente per accrescere il prestigio della famiglia. Ma ciò che lo zio Howard non ha calcolato è che Maria, ancora giovane fanciulla di soli quattordici anni, si sarebbe innamorata del suo reale amante.
Al ritorno dalla corte di Francia Anna, la Bolena più scaltra e astuta viene incaricata di provvedere alla sorella, di addestrarla nelle arti seduttive per riuscire a tenere il re il più vicino possibile. Ma Anna non può accettare di essere soppiantata, di diventare l'ombra della Bolena favorita. Dopo sei anni e con due figli, Maria si allontana dal suo re per l'amore dei suoi figli e per il desiderio di trascorrere del tempo con loro, allontanati dalla nascita. Ma il re non puù attendere il ritorno di Maria. Così le casate Bolena-Howard decidono di giocarsi la carta vincente, quella che gli assicurerà i favori del re: Anna, la Bolena baciata dalla fortuna. Con la sua astuzia, la sua abilità nelle arti seduttive, riesce a concentrare il desiderio del re sul suo viso, sulle sue scure e lucenti chiome, sulle sue grazie e sul suo portamento da gran dama elegante e raffinata. Ma il gioco che Anna si trova a condurre è diverso da quello messo in opera da Maria. Anna ha in mente di tenere Enrico a dovuta distanza, di non concedersi subito a lui ma di suscitare la sua passione e il suo piacere senza stancarlo presto, ma di protrarre il suo interessamento. Intanto Enrico attende il tanto desiderato erede maschio dalla legittima moglie Caterina d'Aragona. Ma la sterilità della regina induce Enrico a chiedere alla Chiesa di Roma il divorzio per poter sposare Anna Bolena. Ma in seguito al rifiuto da parte del Papa di concedere l'annullamento al matrimonio, Enrico rompe i legami con la chiesa di Roma proclamandosi Capo Supremo della Chiesa d'Inghilterra. Caterina viene così allontanata dalla corte mentre la fortunata Bolena diventa consorte e regina del re Enrico. In Maria si perde ogni interesse: viene messa da parte sia dal re che dalla stessa famiglia. Ma nonostante ciò Maria continua a servire la sorella e regina come dama di compagnia, ma soprattutto come confidente e unica amica, nonostante l'invidia, la gelosia e la rivalità che è da sempre esistita tra le due Bolena. Nonostante tutto Maria c'è nei momenti di trionfo di Anna; c'è nei suoi momenti di maggiore paure e debolezza, nei momenti di crisi; è sempre stata vicina ad Anna anche con la mente e il cuore, Maria gli è accanto quando Anna partorisce la sua erede Elisabetta e durante i successivi aborti. Dopo un paio di anni e prosperità, per Anna si iniziano a vedere i primi segni di crisi: le liti con Enrico di ripetono frequentemente ed il suo interesse inizia lentamente ad abbandonare Anna per spostarsi sulla graziosa, ingenua e pure Jane Seymour. Dopo il quarto aborto nel quale il feto risulta deforme, per cui nato dal diavolo, Enrico inizia a dubitare della sua sposa; sospetta che nel corpo di Anna si celi l'anima di una strega che ha stretto un patto col diavolo solo per la sua ambizione. Viene aperta così un'inquisizione durante la quale vengono interrogati gli uomini che facevano parte della corte personale di Anna, vengono interrogate le dame della regina e da ciò proviene l'accusa di adulterio rivolta alla regina. Vengono infine decapitati gli uomini che appartenevano alla cerchia di amici di Anna: il musicista Mark Smeaton, Sir Francis Weston, Sir Henry Norris, Sir William Brereton e George Bolena, l'amato fratello di Anna e Maria. E in seguito la stessa Anna Bolena è stata condotta sul patibolo e la spada del boia pone fine alla sua vita. Anche in questa occasione Maria non ha abbandonato l'odiata ma tanto amata sorella. Avrebbe voluto dirle quanto le voleva bene, quanto fosse contenta di essere sua sorella. C'erano stati tanti anni di rivalità e la sensazione di dover superare l'altra, ma sempre e comuqnue affetto. Adesso Maria avrebbe dimostrato l'amore per sua sorella, prendendo con sè Elisabetta e allevandola nei suoi possedimenti con il marito e i suoi tre figli, l'ultima dei quali portava il nome di Anna.

"L'altra donna del re" è il romanzo che narra la storia altrimenti mai raccontata di Maria Bolena, nonchè eccelsa ricostruzione storica degli avvenimenti che si sono susseguiti all'interno delle stanze della corte di Enrico VIII Tudor. Non posso non pensare al lavoro che si cela dietro la stesura di questo romanzo: la Gregory non ha tralasciato nulla; ha fatti riferimenti ai numerosissimi volumi dedicati alle vicende della casata Tudor, curando i minimi dettagli e approfondendo le vicende del regno di Anna Bolena. Ha curato meticolosamente la caratterizzazione psicologica dei personaggi, ha fornito un ottimo ritratto di una delle sovrane più ammirevoli che l'Inghilterra abbia mai conosciuto,dopo Elisabetta e Vittoria, Caterina d'Aragona, principessa spagnola altamente devota al marito, ma anche un frivolo ed egoista Enrico che pensa esclusivamente a rincorrer gonnelle. Pur concentrandosi sul personaggio id Maria lascia, ampiamente spazio a tutte le vicende di maggior rilievo dell'epoca, accompagnandole con uno stile impeccabile, un linguaggio fluido, che nonostante i contenuti non proprio leggeri si lascia leggere in poco tempo, riuscendo a chiarire ogni passaggio storico. La storia viene narrata dal punto di vista di Maria, la quale è stata sempre presente nella vita di corte e soprattutto presente nella vita di Anna, così da poter "riferire" ogni dettaglio. Davvero un ottimo romanzo storico che soddisfa appieno la mia curiosità, ormai costante, sui celebri Tudor, ma che contemporaneamente mi spinge a cercare ancora e ancora altre notizie e altri libri. So quindi che leggerò altro per quanto riguarda i Tudor ma soprattutto Caterina d'Aragona e Anna Bolena, che sia di Philippa Gregory o altro, ma consiglio a tutti di leggere questo romanzo e continuare con gli altri dell'autrice.

Recensione "I tre moschettieri"- A. Dumas

Si dice che i generi letterari nascono dall’incontro di un genio con le circostanze. Bene, Dumas possedeva una certa forma di genio: quella del brio e del dramma. Poi le circostanze fecero il resto. Che Dumas non è uno storica appare evidente. Non possedeva la pazienza per creare un romanzo d’erudizione; bisognava quindi chele sue ricerche fossero limitate. Fu quindi una circostanza che gli fece avere tra le mani un volume, intitolato “Le memorie di d’Artagnan: capitano e luogotenente dei Moschettieri del Re”. Fu una circostanza allora che duman incontrasse Maquet, il quale gli portò la traccia di un libro sulla Francia di Luigi XIII e anna D’Austria, il cardinale Richelieu e di Buckingham. Ma se il compito di Maqueton fu quello di sbozzatore, quello di Dumas fu di scultore. Il collaboratore diede origine allo
scenario; Dumas leggeva e rileggeva sovente e con avidità, e aggiungeva centaia di dettagli, riscriveva i dialoghi, creava nuovi personaggi, curava la fine dei capitoli e allungava il tutto affinchè il volume tenesse impegnato il lettore per mesi. Ed è quasi quello che è accaduto a me. Questo volume mi ha tenuta impegnata per poco meno di un mese.

Siamo nella Francia del XVII secolo, governata da Luigi XIII, sposo di Anna d’Austria, non amato dai nobili ribelli e dagli Ugonotti ma sostenuto dal cardinale Richelieu che, esperto, astuto e privo di scrupoli, a volte è consigliere del re, altre volte opera contro il suo volere per abbattere i nemici della Monarchia e consolidarne il potere. d’Artagnan , giovane guascone, desidera diventare moschettieri al servizio di Monsignor de Treville. Incontra, casualmente, sulla propria strada Athos, Porthos e Aramis, i quali si definiscono come i tre moschettieri. Insieme ai suoi nuovi tre amici d’Artagnan vivrà numerose avventure, molte delle quali alquanto rischiose come il rapimento della sua amata Madame Bonaciux e la lotta contro un demone in gonnella, l’affascinante e seducente Miledy Winter.
In un certo senso “I tre moschettieri” racconta l’integrazione di d’Artagna nell’ordine dei tre: ma anche la generazione di un nuovo ordine da parte dei tre per opera di d’Artagnan che li fa rinascere, diversi ma sempre identici, attraverso nuove avventue. Precisamente, si può interpretare il nucleo Athos-Portho-Aramis come un insieme complementare ma immobile; Porthos ha la forza, ma non la luce che lo orienti; Aramis ha la luce e la forza dello spirito, ma non la luce morale che lo guidi e Athos ha la forza del corpo, la luce dello spirito e una vera altezza di giudizio, ma una ferita nel profondo del cuore che lo ha riempito di stanchezza e malinconia. A questo nucleo, perciò, mancano lo sprone e il movimento. Così d’Artagnan con il suo arrivo, fa scoccare quella scintilla che fa rinascere i tre moschettieri.
Un sentimento vivo per la Francia, in questo sta il segreto dei quattro moschettieri:d’Artagnan, Athos, Porthos e Aramis. La volontà ardente, la malinconia aristocratica, la forza un po’ vana, l’eleganza sottile e galante. d’Artagnan, guascone scaltro, impulsivo, Porthos, vanesio, impetuoso, fauto e muscoloso, Aramis, il discreto Aramis che nasconde la sua religione e i suoi amori, dall’abile parola e dal carattere mite;e Athos carismatico, dall’alta statura morale e dalla forte sapienza, la guida morale di d’Artagnan. D’altronde Athos è per personaggio per il quale ho perteggiato. Una persona equilibrata, capace di distinguere l’errore, che pur nella sua giovane età dimostra buon senso e grande intelletto, generoso e ammirevole, con grande presenza di spirito e federe e leale ai suoi amici.

“Una generazione può sbagliarsi sul valore di un’opera ma non cinque”. La popolarità duratura de “I tre moschettieri” mostra che Dumas, esprimendo attraverso i suoi eroi la propria natuta, rispondeva ad un bisogno di azione, di forza e generosità. si aggiunge inoltre che la morale e la filosofia di Duman non era propria dei francesi più riflessivi. La morale di Dumas è fatta di amore per la gloria. Dumas ama i festini, le bevute, gli amori facili. Potrebbe addiritura essere considerato come immorale. Così d’Artagnan se non fosse un eroe avrebbe di certo meritavo l’aggettivo di immorale. I moschettieri, cos’ come Dumas, non vedono nulla di male nel cambiare le amanti o nell’averne più di una contemporaneamente o addirittura farsi mantenere da loro. Ma nonostante ciò i romanzi di Dumas non sono né indecenti, né immorali.

Dumas ha uno stile brillante e buona inventiva. La sua cura minuziosa verso i dettagli ha dato i suoi frutti: ha descritto i vari eventi con abilità e dato vita a personaggi brillanti, da amare, odiare, compiangere, ammirare ma soprattutto li ha resi vivi. Basti pensare alla figura di Miledy Winter, passionale, ammaliatrice e subdola, una diabolica donna dalle grazie angeliche, che poco pare avere di umano. Organizza i suoi intrighi, le sue vendette con acuta intelligenza e molta riflessione, una macchinazione perfetta curata nel più piccolo dettaglio; un re insipido e una regina infelice, innamorata di uno dei personaggi più potenti e influenti dell’epoca e un cardinale che ha poco di ecclesiastico, abile calcolatore e cospiratore.

Nonostante la mole di questo volume (sembrava non finire mai) “I tre moschettieri” è uno di quei romanzo che ti appassione e, proprio come desiderava Dumas, ti trattiene tra le sue pagine per molto tempo. Le vicende racchiudono parecchia azione e storia, ma anche brio, umorismo, guerra, intrighi e sentimento. Una sequela di avventure intrecciate abilmente da una mente geniale. I legame instauratosi tra i quattro amici è davvero qualcosa di davvero straordinario. Pensare a come ognuno parta alla ricerca dell’altro, si sacrifichi per esso, sia disposto a rinunciare ai migliori propositi per il futuro, solo per veder contento l’altro e poter donare ciò che si possiede all’amico che ne è più degno. Al bisogno di ritrovarsi, di confidarsi a qualcuno che ti sarà fedele e sarà pronto a battersi per te, quando ne avrai più bisogno. Vedere quanto d’Artagna tenga al giudizio di Athos, di quando abbia bisogno dei suoi consigli e del suoi buon senso, e a come lo ricerchi costantemente; e soprattutto vedere Athos preoccuparsi per l’amico, provare un sentimento quasi paterno, di protezione e conforto, e fare di tutto per porre fine ai problemi in cui d’Artagnan è inciampato.
Mi sento quidi di consigliare questo romanzo a tutti coloro che non hanno ancora avuto il piacere di cimentarsi in questa lettura, completa di tutto che soddisferà senz’altro le aspettative dei lettori.