domenica 30 settembre 2012

Tommaso Moro

Thomas More, conosciuto anche come Tommaso Moro, nacque a Londra il 6 febbraio 1478. Fu un umanista, scrittore e politico inglese alla corte di Enrico VIII alle quale vi entrò nel 1520 con il titolo di cavaliere. Figlio dell'avvocato Giovanni Moro, ebbe influenti amicizie come quella di Erasmo da Rotterdam il quale gli dedicò il suo "Elogio alla Follia". Lasua sensibilità religiosa lo portò alla ricerca della virtù attraverso un’assidua pratica ascetica: coltivò rapporti di amicizia con i frati minori osservanti del convento di Greenwich e alloggiò per un certo tempo presso la certosa di Londra, due dei principali centri di fervore religioso nel Regno. Sentendosi chiamato al matrimonio, alla vita familiare e all'impegno laicale, egli sposò nel 1505 Giovanna Colt dalla quale ebbe quattro figli. Giovanna morì nel 1511e Tommaso sposò in seconde nozze Alicia Middleton, una vedova con figlia. Fu per tutta la sua vita marito e padre affezionato e fedele, intimamente impegnato nell'educazione religiosa, morale e intellettuale dei figli. La sua casa accoglieva generi, nuore e nipoti, e rimaneva aperta per molti giovani amici alla ricerca della verità o della propria vocazione. Nel 1504, sotto il regno di Enrico VIII venne eletto per la prima volta al Parlamento. Enrico gli rinnovò il mandato e lo costituì rappresentante della Corona nella capitale. Fatto membro del consiglio della Corona, giudice presidente di un tribunale importante, vice-tesoriere e cavaliere, divenne nel 1523 portavoce, cioè presidente della Camera dei Comuni. Enrico VIII, contrastante le idee di Lutero, chiese l'aiuto di Tommaso Moro per scrivere "Difesa dei sette sacramenti", una polemica contro le idee protestanti di Martin Lutero che gli fece guadagnare il titolo di Difensore della fede da parte di papa Leone X. Moro, universalmente stimato, anche nel corso dei secoli, per l'indefettibile integrità morale, l'acutezza dell'ingegno, il carattere aperto e scherzoso e la straordinario erudizione, nel 1529, periodo di crisi politica per l'Inghilterra, fu nominato Cancelliere del regno. Fedele ai suoi principi si impegnò a promuovere la giustizia e ad arginare l'influsso deleterio di chi perseguiva i propri interessi a spese dei deboli. Nel 1532, non volendo dare il proprio appoggio al disegno di Enrico VIII che voleva assumere il controllo sulla Chiesa in Inghilterra, rassegnò le dimissioni. Così tre anni dopo restituì il sigillo di cancelliere adducendo motivi di salute: egli, in realtà, si ritirò a vita privata in quanto non condivide le decisioni di Enrico VIII sul divorzio dalla regina Caterina ed avendo ben compreso a quali conseguenze essa avrebbe portato. In un primo tempo Moro sfuggì a un tentativo di collegarlo a un episodio di tradimento. Tuttavia l'approvazione nel 1534 dell'"Atto di successione" da parte del Parlamento di Westminster (che includeva un giuramento che riconosceva la legittimità di ogni figlio nato da Enrico ed Anna Bolena e ripudiava ogni autorità straniera, principe, o potentato) si rivelò uno strumento nelle mani della corona contro gli oppositori del re. L'Atto prevedeva infatti che questo giuramento non venisse richiesto a tutti i sudditi, ma solo a coloro che vennero specificamente convocati a prestarlo: ovvero, coloro che rivestivano un incarico pubblico e coloro i quali erano sospettati di non appoggiare Enrico. Moro venne chiamato a prestare tale giuramento nell'aprile del 1535 e, a causa del suo rifiuto, fu imprigionato nella Torre di Londra. Ma dopo che il Lord Cancelliere ha dettato la sentenza e prima di pronunciare la condanna, Moro interruppe dicendo. “Signor mio, quando rappresentavo io la legge, in questo caso bisognava domandare al prigioniero, prima della condanna, per quale ragione non lo si dovesse condannare”. Egli mise in mezzo non più l’atto d’accusa, ma la validità della legge stessa del parlamento su cui quell'atto si fondava. Era contraria alla costituzione della cristianità in quanto per nessuna legge nessun principe temporale può assumere per sé una preminenza spirituale che di diritto appartiene alla sede di Roma, che fu data da Nostro Signore in persona a san Pietro e ai suoi successori.La legge era contraria alle leggi d’Inghilterra, alla Magna Charta, al sacro giuramento che il re e ogni principe cristiano presta sempre e solennemente all'incoronazione  Proseguì dicendo che questo regno d’Inghilterra non può rifiutar obbedienza alla sede di Roma di cui è parte “più di quanto suo figlio possa rifiutarla a suo padre”. E all'obiezione del cancelliere: “Pensate a tutti i dotti del regno, ai vescovi, alle università, che hanno consentito a questa legge”, sostenendo che ostinatamente e insolentemente era rimasto solo, Moro rispose “Se il numero dei vescovi e delle università è così importante come le vostre Signorie sembrano credere, allora io non vi vedo sufficiente motivo, mio Lord, che possa indurre la mia coscienza a mutare; poiché non ho alcun dubbio che in tutto il cristianesimo, se non in questo regno, coloro, tra i dotti vescovi e gli uomini virtuosi, che pensano come me non sono in minoranza. Ma se parlassi di color che sono già morti, molti dei quali sono ora santi in cielo, sono sicurissimo che la maggioranza di essi pensavano su questo punto durante la loro vita come penso io. E pertanto io non sono legato, mio signore, a conformare la mia coscienza al Consiglio d’un solo regno, contro il Consiglio intero della cristianità. Perché dei predetti santi vescovi io ne ho, per ognuno dei vostri, più di cento; e per un concilio e un parlamento vostro (Dio sa come fatto) io ho tutti i concili tenuti da mille anni a questa parte. E per questo solo regno, io ho tutto il regno cristiano… Comunque, non è tanto per questa supremazia che voi chiedete il mio sangue, ma perché io non ho voluto approvare il matrimonio. Il 6 luglio 1535 alle 9:00 viene decapitato per intercessione del re e non impiccato, sventrato e squartato, come avrebbe voluto l’accusa di tradimento. Moro salito sul palco, chiese alla folla di pregare non solo per lui ma anche “per il re, affinché Dio gli dia buon consiglio”. Tommaso Moro insieme ad altri 53 martiri, tra i quali il Vescovo Giovanni Fisher, fu beatificato dal Papa Leone XIII nel 1886. Insieme allo stesso Vescovo fu poi canonizzato da Pio XI nel 1935, nella ricorrenza del quarto centenario del martirio. Con un “motu proprio” del 31 ottobre 2000 Giovanni Paolo II lo ha proclamato protettore dei politici.

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