mercoledì 29 maggio 2013

Premio Liebster Award.

Buona sera miei cari lettori. Finalmente sono tornata, principalmente per farmi perdonare e per rendervi partecipi di una notizia che ha fatto molto piacere: oggi Loredana Gasparri di Del furore del libri ha premiato il mio blog con il Liebster Award. Quindi GRAZIE a Loredana per aver scelto il mio blog, perchè mi ha sinceramente fatto piacere sapere che, anche se sono spesso assente, il blog è comunque seguito e apprezzato. GRAZIE.



Ed ora ecco le regole da seguire:
1. Ringraziare nel post il blog che vi ha assegnato il premio
2. Scrivere 11 cose su di te
3. Rispondere alle 11 domande
4. Formulare altre 11 domande
5. Premiare 11 blog che si ritengono meritevoli
6. Informare i blogger


 Scrivere 11 cose di me: Ho scoperto il piacere della lettura solo 7 anni fa, ahimè, e mi sono avvicinata alla lettura con un libro per ragazzini "Tre sorelle nel bosco" e da lì è stato un continuo amore per i libri. 
Sono un'anima del passato capitata in quest'epoca per sbaglio: ogni giorno mi convinco sempre più, che sarei dovuta nascere verso la fine del '700 in Inghilterra, il posto che più amo al mondo. Tengo un diario in cui scrivo ciò che mi passa per la testa con la copertina di Londra.
Amo immensamente scrivere anche se tengo i miei scritti gelosamente nascosti. 
Amo (e sempre lo farò) i cartoni animati e i manga, anche se tutti non fanno che ricordarmi che sono grande per queste cose, a a me non importa. Amo viaggiare e se potessi sarei costantemente in giro alla scoperta di posti nuovi. Amo follemente il cinema, il mio secondo amore subito dopo i libri. Mi piace essere sempre informata circa il mondo del cinema e non nego che mi piacerebbe lavorare in questo campo. Mi piace leggere all'aria aperta, stesa su un prato verde e fiorito ma nella mia città questi posti sono davvero rari. Sono molto riservata ma quando inizio a parlare di libri, anniento ogni barriera tra me e il mio interlocutore. Mi piacerebbe pubblicare un libro un giorno.


Rispondere alle 11 domande poste da Loredana:
1.Cosa ti piace, oltre a leggere? Scrivere, guardare film e disegnare anche se non lo faccio più da un pò di tempo e mi sono rispromessa di ricominciare.
2. Cosa provi, con un libro in mano? Difficile dirlo. Mi sembra di volare senza ali, verso sconfinati luoghi che altrimenti non potrei raggiungere. Mi sembra di respirare di nuovo e mi sembra di vivere quella vita che non ho e cui sono alla costante ricerca. Trovo tutti quegli amici che in realtà mi mancano. Mi sento libera e mi sembra ti toccare il cielo e camminare sull'acqua. E sembra l'unico posto in cui io abbia senso.
3. Preferisci acquistare libri o prenderli in biblioteca? Acquistarli, perchè mi piace averli sempre a portata di mano per poterli sfogliare sempre, odorarne le pagine e leggere i passi che più ho amato.
4. Se fossi titolare di libreria, quali libri non proporresti mai? Non ci sono libri che non proporrei perchè qualunque libro, anche se qualitativamente scarso è sempre meglio di nulla. Al massimo quelli della D'urso.
5. Che genere ti piace? Tutti eccetto l'horror che non ho mai letto visto per paura di non dormire più la notte.
6. Ti è mai capitato di voler riscrivere il finale di un libro? Si, ma non l'ho mai fatto.
7. Ti è mai capitato di voler riscrivere un libro che hai letto? No, mai.
8. Immagina di scrivere al tuo autore preferito, anche del passato. Cosa gli scriveresti? Beh, bella domanda. Non so gli chiederei cosa l'ha spinto a scrivere, e cosa prova nel farlo. Quali sono i suoi miti letterari, fonte di ispirazione.
9. Quale personaggio letterario ti è piaciuto di più? Anche questa è una domanda abbastanza difficile. Non so, forse Holden.

10. Quale personaggio letterario hai detestato di più? Gina "La bella estate" di Pavese.
11. Se facessi un trasloco, quale/i libro/i porteresti via per primo/i? Tutti non è possibile?! :)


Formulare 11 domande:
1. Quali sono i tuoi miti letterari?
2. Se potessi vivere per un giorno la storia di uno dei personaggi dei tuoi libri, quale sceglieresti?
3. L'autore che più non sopporti?
4. Perchè leggi?
5. Dove leggi?
6. Quale periodo storico preferisci?
7. Quale personaggio letterario ti rispecchia maggiormente?
8. Hai mai scritto/provato a scrivere un libro?
9. Cartaceo o E-book?
10. Quale libro salveresti in caso d'incendio, e perchè?
11. Quali sono le cose più strane che fai con i libri? (per es. annusarne le pagine o leggere prima la fine)

Premiare 11 blog:
Del furore dei libri
Cipria e Merletti
L'angolo di Estel
Vorrei essere un personaggio austeniano
Georgiana's Garden
Due passi tra i miei pensieri
Alla fine di un Sogno
Un tè con Jane Austen
Piccolo sogno antico
La Parigi di Maria Antonietta
L'Angolino di Chiara

lunedì 25 marzo 2013

Recensione "Ragazzo da Parete"- Stephen Chbosky

Vi è mai capitato di ricevere delle lettere da un ragazzo che non avete mai incontrato, di cui non sapete nulla e che probabilmente non è neanche vostro concittadino? Un ragazzo che con ogni probabilità avrà pescato il vostro indirizzo da un lungo elenco? Un ragazzo che vi considera suo amico e regolarmente affida emozioni e turbamenti ad una serie di lettere dentro cui racconta la sua vita e i suoi pensieri? Be io sì. Io ho avuto la fortuna di leggere le confidenze di un ragazzo solo, intelligente e incompreso, la cui unica compagnia erano i libri, fin quando non incontra Patrick e Sam ad una partita di football. Da allora la sua vita cambia e si colora di tante sfumature. Fa nuove esperienze, conosce nuovi amici e un professore, Bill, che lo stima e lo considera come un suo pari. Bill riesce ad andare oltre e a cogliere le qualità di Charlie cercando di stimolarlo a leggere romanzi sempre più complicati che di volta in volta diventeranno i suoi preferiti: Kerouac, Salinger, Thoreau, Lee, Shakespeare, Rand e Fitzgerald. Charlie però non è come gli latri ragazzi; è ingenuo, molto riflessivo e profondo, estremamente sensibile. E’ il confidente perfetto, che non tradisce mai. E’ un ragazzo da parete. Un ragazzo che osserva e ascolta le persone. E lo fa sul serio. Un ragazzo molto più simile a me di quanto avrei mai potuto credere. Ed è diventato davvero un amico per me. Anzi forse più di questo: Charlie è una parte di me, con tutti i pregi e i difetti. Sì, perché di questi ultimi noi ne abbiamo tanti ma è pur vero che senza questi non saremmo ciò che siamo: forse siamo troppo sensibili, non abbiamo carattere, possiamo sembrare poco partecipi, non siamo in grado di agire e preferiamo tenere tutto dentro. Ed è per questo che sfoghiamo tutto su un foglio. Ma non tutto il male vien per nuocere: se non fosse stato così non avrei mai conosciuto Charlie e non avrei capito tante cose per cui devo ringraziare solo lui. Grazie Charlie per avermi tenuto compagnia e per avermi confessato le tue ansie, i tuoi timori e le tue gioie.

“Ragazzo da perete” è un libro che ti lascia dentro tante intricate sensazioni. E alla fine è davvero triste perché inizi davvero a credere che tutto sia reale, che Charlie sia stato lì con te e che abbia parlato con te, e quando giri l’ultima pagina affiorano le lacrime e ti chiedi cosa stia facendo e cosa abbia in mente per il suo futuro. Ma una cosa è certa: che Charlie lo ritroverai tutte le volte che vorrai, tutte le volte in cui ne avrai bisogno sarà lì pronto a raccontarti tutte le sue avventure attraverso le quali potrai trovare risposte ai tuoi dubbi da adolescente osservatore e riflessivo come credo tu sia.

Era da un po’ che non leggevo un libro che mi piacesse così tanto. Sarà stata la forma epistolare ed il linguaggio estremamente confidenziale a immergermi nella storia; o sarà la somiglianza con Charlie. Sicuramente saranno stati tanti i fattori che hanno contribuito a farmi amare questo libro. Da non sottovalutare poi la componente psicologica del romanzo: i problemi relazionali, i traumi infantili, la paura di esporsi e venir giudicati dagli altri. I personaggi sono visti attraverso gli occhi del protagonista, che ne ricava un profilo comportamentale e psicologico. Vicende quotidiane dense di situazioni che si presentano esilaranti, drammatiche e commoventi descrivono il contesto attraverso cui vengono affrontati problemi abbastanza pesanti: la difficoltà di essere gay, la violenza familiare e l’eterna lotta tra popolarità e emarginazione all'interno delle scuole superiori. Lo stile è fluido e versatile, il linguaggio essenziale tant'è che il libro si legge in pochi giorni. Scorrevole, divertente, giovane e fresco, intenso. Un libro commovente nel suo realismo. E’ proprio il caso di dire : "Capisci di aver letto un buon libro quando giri l'ultima pagina e ti senti come se avessi perso un amico." (Paul Sweeney)


Voto: 5/5

lunedì 25 febbraio 2013

85° Academy Award

Buongiorno lettori
Oggi dedicherò questo post alla 85° edizione della cerimonia degli Oscar che si è tenuta al Dolby Theatre di Los Angeles questa notte. A condurre la serata è stato il comico Seth MacFarlane. Dopo una nottata intera rimasta sveglia per seguire la cerimonia, assonnata sì ma davvero felice ed entusiasta, oggi voglio condividere con voi i vincitori delle statuette. Una serata ricca di sorprese e "intrattenimenti". Durante la celebrazione, tra una categoria e un'altra si sono i protagonisti de Les Misérables con un medley di alcune delle più belle canzoni del musical, Adele con la canzone Skyfall, Jennifer Hudson e Catherine Zeta-Jones in alcuni medley da Dreamgirls e Chicago, Shirley Bassey con Goldfinger e Barbra Streisand con The Way We Were. Tra i presentatori dei premi delle varie categorie appaiono anche: Jennifer Aniston e Channing Tatum che presentano i migliori costumi, Kerry Washington e Jamie Foxx annunciano il miglior film corto, Sandra Bullock per annunciare il miglior montaggio, Daniel Radcliffe e Kristen Stewart presentano il miglior design (scenografia), Dustin Hoffman e Charlize Theron presentano la miglior sceneggiatura originale e non, Jane Fonda e Michael Douglas per la miglior regia. Il miglior film viene annunciate dall'inedita coppia Jack Nicholson e niente meno che la First Lady Michelle Obama, in diretta dalla Casa Bianca.




Miglior film: "Argo" di Ben Affleck



Migliore attrice protagonista: Jennifer Lawrence per "Il lato positivo"



Miglior attore protagonista: Daniel Day-Lewis per "Lincoln"




Migliore attrice non protagonista: Anne Hathaway per "Les Misèrables"



Migliore attore non protagonista: Christoph Waltz per "Django Unchained"




Miglior regista: Ang Lee per "Vita di Pi"


Migliore sceneggiatura originale: Quentin Tarantino per "Django Unchained"



Migliore sceneggiatura non originale: Chris Terrio per "Argo"


Miglior fotografia: Claudio Miranda (Vita di Pi)


Migliori effetti speciali: Bill Westenhofer, Guillaume Rocheron, Erik-Jan De Boer e Donald R. Elliott (Vita di Pi)


Migliori costumi: Jacqueline Durran (Anna Karenina )


Miglior montaggio: William Goldenberg (Argo)


Miglior sonoro: Andy Nelson, Mark Paterson e Simon Hayes (Les Misérables)


Miglior montaggio sonoro: Per Hallberg e Karen Baker Landers (Skyfall) e Paul N.J. Ottosson (Zero Dark Thirty)


Migliori trucco e acconciatura: Lisa Westcott e Julie Dartnell (Les Misérables)


Migliore colonna sonora: Mychael Danna (Vita di Pi)


Miglior canzone originale: Adele Adkins e Paul Epworth (Skyfall)


Miglior scenografia: Rick Carter e Jim Erickson (Lincoln)

Miglior film in lingua straniera: Amour (Austria)

Miglior film d'animazione: Ribelle - The Brave di Mark Andrews e Brenda Chapman
Miglior cortometraggio: Curfew di Shawn Christensen
Miglior cortometraggio animato: Paperman di John Kahrs
Migliore documentario: Searching for Sugar Man di Malik Bendjelloul e Simon Chinn
Migliore cortometraggio documentario: Inocente di Sean Fine e Andrea Nix Fine

mercoledì 20 febbraio 2013

Recensione "Il canto della Rivolta" - Suzanne Collins

'Che i giochi abbiano fine'.

E’ giunto il momento. La battaglia finale sta finalmente per avere inizio. Katniss Everdeen è riuscita a sopravvivere per la seconda volta agli Hunger Games. E al suo ritorno assisterà a delle rivelazioni importanti. Il Distretto 13 esiste ancora. Peeta è tenuto prigioniero da Capitol City. Plutarch Heavensbee con la collaborazione di Haymitch si fa ideatore di una rivolta per eliminare il presidente Snow; ed hanno bisogno della loro Ghiandaia Imitatrice per farlo. Katniss Everdeen. La ragazza di fuoco. E’ lei la ghiandaia imitatrice, colei che riuscirà a riunire tutti i Distretti nella lotta contro Capitol City e contro il presidente Snow. Ma la battaglia si preannuncia più dura del previsto e per Katniss non sarà facile portare a terminare la sua missione. Ci saranno numerose perdite. Molti amici e conoscenti perderanno la vita. Ma ne varrà la pena di sacrificarsi per la libertà.

Esistono libri che riescono a farti dimenticare chi sei veramente, libri in grado di risucchiarti in un mondo da cui non vorresti mai uscire, libri che ti sprofondano nel cuore scavandosi un posto tutto per loro. Si crea un forte legame con l’ambientazione, con ogni personaggio che ne popola le pagine, nessuna esclusione. E l’intera saga di Hunger Games ne è un esempio. ‘Il canto della rivolta’ è l’ultimo capitolo di questa saga eccellente che è stata in grado di sconvolgermi come nessun altro libro aveva fatto. Ed essendo il grande finale, le aspettative sono alte e difficili da colmare. Ma la Collins riesce brillantemente in questo intento. Il titolo dice tutto eppure non può descrivere l’intensità che si cela dietro le pagine di questo straziante epilogo dell’avventura di Katniss Everdeen e dei suoi compagni. Dopo la scintilla esplosa ne ‘La ragazza di Fuoco’, la rivolta arriva come qualcosa di inatteso, ma fortemente desiderato e la ragazza in fiamme ne diventerà il volto.
Confusa, terribilmente lontana da Peeta, che è stato catturato dalle forze di Capitol City, Katniss deve ricomporre sé stessa dopo essere andata in pezzi negli ultimi Giochi e accettare il nuovo destino che l’attende.
Sembra che l’unica strada per lei sia quella di diventare la Ghiandaia Imitatrice che canterà la rivolta in tutta Panem grazie a una strategica propaganda ideata dai Ribelli. Solo così sarà possibile unire i rivoluzionari in un unico movimento e un unico ideale: riconquistare la libertà ponendo fine al potere di Capitol City.
Ma la libertà ha un prezzo davvero molto alto che richiede il sangue e le lacrime degli innocenti burattini che Capitol City è riuscita a piegare al proprio volere. E nemmeno la Ghiandaia Imitatrice, che sente sempre di più di essere in trappola, può restare indifferente all'incessante urlo di dolore che la guerra porta con sé.
I costanti colpi di scena e ribaltamenti non solo mettono alla prova la stabilità mentale dei protagonisti e dei lettori, ma rendono impossibile comprendere di chi sia giusto o sbagliato fidarsi.
Così mentre Gale abbraccia la lotta con innata fermezza e Peeta sembra andare in pezzi, e di sicuro manda in pezzi il cuore dei lettori, a causa delle torture del Presidente Snow, Katniss deve affrontare le conseguenze delle proprie scelte, cercando di non farsi divorare da esse.
In questo libro come non mai, Katniss sarà preda della propria impulsività e dei propri sentimenti, compromessi dall'atroce e sadico gioco messo in atto dal Presidente Snow per distruggerla. Un gioco fatto di perdita e morte, di tortura e spettacolarizzazione della sofferenza delle persone a lei più care, un gioco a cui, lo ammetto, io avrei perso.
Quella che infuria dentro ‘Il canto della rivolta’ è una lotta epica e cruenta, che la Collins ha saputo narrare con innata credibilità, contrapponendo scenari sanguinari al classico senso dello spettacolo di Capitol City. Non sono solo i fucili e gli archi a sparare, ma anche i media che inscenano uno show degno degli Hunger Games in cui, ancora una volta, Katniss si troverà invischiata.

Originale, emozionante, commovente, cruda, violenta e macabra. Come i due capitoli precedenti della saga, ‘Il canto della rivolta’ scorre velocemente, non annoia mai, concordo con King nel ribadire che da assuefazione. Ci tengo particolarmente a fare gli ultimi complimenti all'autrice. Non era facile essere originali nel presentare un futuro postmoderno e post apocalittico, ma Suzanne Collins ha puntato lo sguardo su qualcosa di nuovo: i reality show,il parassitismo mediatico, la morbosità della televisione.
E invece di fare della critica intellettuale, la esalta e ne mette a nudo tutta la violenza, il sangue e l'aggressività. La spoglia e ne mostra il ghigno più crudo, senza mai indulgere nella autocommiserazione. Ma nello stesso tempo non è la violenza che trionfa, nè l'eroismo di Katniss né di chiunque altro. Katniss non guida totalmente la rivolta, nè è solo una pedina. Il Distretto 13 non si rivela il luogo di pace e libertà tanto desiderato, e la presidente Coin forse potrebbe essere un tiranno peggiore di chi l'ha preceduta… e probabilmente non sapremo mai la verità su Prim.
Ed è così che alla fine sono solo Katniss e Peeta a vincere. Più di tutto Peeta, che viene devastato,depistato, annientato nella sua bontà per poi cercarsi e ritrovarsi. E' la sua bontà che salva, che riscalda un finale triste e sconsolato. E’ il suo amore che purifica, la speranza che lui possa riscattare i sotterfugi e il doppio gioco in cui tutti sembrano invischiati.
Solo su di lui non cade tutto questo fango, questa bassezza, questa vergogna. Solo lui si estranea da tutta questa violenza. E’ rinascita, non distruzione.

'Quello di cui ho bisogno per sopravvivere non è il fuoco, acceso di odio e di rabbia. Quello di cui ho bisogno è il dente di leone che fiorisce a primavera. Il giallo brillante che significa rinascita anziché distruzione. La promessa di una vita che continua, per quanto gravi siano le perdite che abbiamo subito. Di una vita che può essere ancora bella'.

Per concludere, credo che ‘Il canto della rivolta’ sia il finale perfetto per una saga che si è sempre distinta per il semplice fatto di non condividere la tradizione fantasy di altri suoi predecessori dove il cerchio si chiudeva in un bel lieto fine speranzoso e ricco di buoni sentimenti. Al contrario la Collins non mente e, nonostante la battaglia contro Capitol City si concluda con un'importante vittoria, la focalizzazione si sofferma sui dolori e le conseguenze che i combattenti hanno subito e che si porteranno dietro per il resto della loro vita perché dopo essere stati così fortemente a contatto con il Male, non c'è più speranza di salvezza per loro. Pensandoci ora, non riesco ad immaginare una conclusione migliore per questo viaggio che è Hunger Games e l'autrice si dimostra fino alla fine una narratrice in grado di sorprendere, esaltare, commuovere, spaventare, far riflettere e, sopratutto, far soffrire il lettore creando un ultimo capitolo a cui posso attribuire un solo aggettivo: straziante. Straziante perché vero, straziante perché doloroso e, contemporaneamente, bellissimo. Sembrerà stupido da parte mia, ma adesso, ogni volta che sfioro le copertine di questi tre volumi mi sento pervadere da un'angoscia talmente forte da far salire le lacrime agli occhi e, insieme a questa angoscia, arriva una triste malinconia per quel mondo così vicino al nostro, per tutti quei personaggi tanto reali da riuscire a rispecchiare le diverse sfaccettature dell'animo umano, per la grandiosa Katniss con cui mi è sembrato di condividere esperienze, paure, dubbi, gioie e dolori e che durante quest'ultimo anno, nella sua essenza di carta e inchiostro, ho sentito più vicina di tante altre persone reali.
Mi mancherà questa saga e mi mancheranno Haymitch, Peeta, Gale, Finnick, Cinna, Rue, Prim e la mitica Effie. Mi mancheranno tutti loro, tutti i miei ribelli. La Collins è riuscita a regalarci una storia che può parlare di tutti noi, una storia che parla di ribellione, amore e libertà.

Grazie per ‘la vita’ che mi hai regalato.
Grazie per le atroci avventure.
Grazie per Panem.
Grazie per la Ghiandaia Imitatrici e ciò che rappresenta.
Grazie per Cinna e grazie per tutti i suoi costumi che ‘mi hai permesso di indossare’.
Grazie per Effie
Grazie per Finnick.
Grazie per Rue.
Grazie per Haymitch.
Grazie per Gale.
Grazie per Peeta.
Grazie per Peeta e ancora grazie per Peeta.
Grazie per Katniss.
Grazie per gli Hunger Games.

Grazie Suzanne Collins.

5/5

Recensione "Le fiabe di Beda il Bardo"- J.K. Rowling

J.K.Rowling è riuscita a creare un universo alternativo di cui tutti ignoravano l’esistenza: l’universo della Magia. Chi ha detto che la magia non esiste? La Rowling ce ne dà una prova tangibile con tutti i suoi scritti dove “cala” letteralmente il lettore in un universo di cui si è sempre e soltanto sognato l’esistenza, ma di cui nessuno ne ha mai avuto la prova. Ecco, ne ho trovata un’altra! La saga di Harry Potter rappresenta già di per se la vita che tutti gli amanti lettori delle avventure del maghetto occhialuto e con la cicatrice a forma di saetta hanno vissuto, i luoghi in cui tutto sono stati e gli esseri magici e babbani che tutti hanno conosciuto, ma quest’ulteriore volume definisce ancor meglio, medianti aneddoti, storie di grandi maghi del passato ed esempi di virtù ed etica, quest’universo per certi versi ancora ignoto e inesplorato. Mediante cinque brevi favole, diverse dalla nostra Cenerentola, Pinocchio e Biancaneve ma sempre e comunque cariche di insegnamenti e buoni esempi, ci ritroviamo a studiare la storia, non più con personaggi quali Napoleone Bonaparte o Luigi XIV, ma la storia di maghi che si affrontavano prima dell’istituzione del Ministero della Magia, quando ancora non era vietato farsi sorprendere dai babbani nell’atto di compiere magie, quando le Arti Oscure non erano state ancora considerate proibite, quando ancora i maghi facevano sfoggio della Maledizione Imperio, Cruciatus e Avada Kedavra, le maledizioni senza perdono. E mi ritrovo a credere realmente di studiare la storia dei miei avi in un mondo che è il mio, nel quale sono nata e cresciuta anch’io e nel quale anch’io posseggo poteri magici. E soprattutto da queste storie traiamo utili insegnamenti al pari di qualunque altra classica fiaba: vediamo maghi che si spendono per aiutare gli altri anche a costo di sacrificare se stessi, o maghi che imparano che la forza per affrontare le difficoltà proviene da dentro di noi e non da un miracolo esterno o vediamo anche come sia impossibile ingannare la morte quando ella ci chiama al suo cospetto. 
Al termine di ogni favole segue il commento di Albus Percival Wulfric Brian Silente il nostro caro preside di Hogwarts che ci rammenta (nel caso ce ne fossimo scordati, anche se impossibile) di trovarci in quell’ambiente che ormai dovrebbe esserci familiare, che portiamo dentro come una parte di noi, e ci chiarisce, nel caso i 7 libri della saga non fossero bastati, le loro regole, i vari dissapori, le loro leggi e tutto ciò che riguarda il mondo potteriano.
Un libro che, anche se letto quando non si ha più 7 anni, riporta a quell’atmosfera quando la mamma ti leggeva le favole prima di andare al letto e prima del bacio della buonanotte… Un libro pensato per bambini, certo ma nel rispetto dei contenuti educativi rivolti anche a un pubblico più adulto, che sia babbano o meno. Scorrevole, per nulla impegnativo, occupa solo poche ore del tempo ricompensandoti però di secoli di vicende, dettagli e caratteristiche (come ho già detto) che hanno caratterizzato la nostra amata CASA e che non possiamo evitare di conoscere o non ci sentiremo davvero parte di essa.

3/5

Recensione "Lo spacciatore di carne" - Giuliano Sangiorgi

Edoardo è un giovane salentino, figlio di un macellaio, in trasferta a Bologna per frequentare l’Università. Durante un viaggio in treno conosce e s’innamora follemente di Stella. La ragazza prima lo avvia all’uso di ogni tipo di droga poi lo tradisce con il suo coinquilino e lo lascia. Ormai dipendente dalle pasticche colorate che lo trasportano in mondi spesso popolati dai ricordi d’infanzia nel mattatoio di famiglia, rinchiuso in uno mondo di solitudine e sciatteria, Edoardo trova nella carne che il padre gli manda da Sud una fonte per procurarsi la droga e finirà in una spirale di allucinazioni che lo farà precipitare nel baratro della follia.

Trentatrè anni, una carriera luminosa ed una voce da brivido, Giuliano Sangiorgi si cimenta per la prima volta nella stesura di un romanzo, che cela all’interno delle sue pagine pura e semplice poesia, un rimando ai suoi testi musicali. Sangiorgi ha il dono di comunicare anche in assenza di suoi. Qui la musica non c’è e il ritmo è tutto concentrato nella scrittura di uno pseudo-thriller psicologico che altro non appare se non una sua lunga canzone. “Lo spacciatore di carne” è una raccolta di pensieri, riflessioni e tormenti attribuite ad un io narrante che poco ha a che fare con il leader della band “Negramaro” (come precisa lo stesso Sangiorgi in un intervista). "Nelle canzoni racconto in prima persona, qui invece guardo il mondo con gli occhi di uno che non ha il volto mio, le parole mie, le mani mie, un padre come il mio, una famiglia come la mia. Il romanzo mi ha estraniato da me stesso e spalancato altri orizzonti. Ho cominciato a scriverlo tre anni fa in tour, poi mi sono fermato per il nuovo disco, infine nel mese di silenzio dell'anno scorso seguito a un intervento alle corde vocali - forse completamente allucinato dai farmaci che assumevo - ho terminato tre quarti della storia".
Forse una trama poco entusiasmante, un ragazzo che assiste all’età di cinque anni allo squartamento di un agnellino e ne resterà segnato a vita, che nonostante il ribrezzo nei confronti del padre, del sangue e della carne vede in essi l’unica via per procurarsi un po’ di pasticche entrando così in questo tunnel senza via d’uscita che lo condurrà alla follia. Ma chi come me si ritrova ad amare alla follia questo giovane poeta non può che rimanere affascinato e ipnotizzato dallo stile a dir poco eccellente.

In una città parallela Edoardo si abbandona ad una vita sciatta e solitaria cercando di barattare l’unico bene che il padre gli abbia lasciato: la carne. Nonostante gli sguardi stupefatti dei limoni della città (le facce spremute della gente che giudica, si scandalizza e si muove col branco) Edoardo cerca di portare a compimento il suo piano. "C'è una crepa nella vita di Edo che è la causa della sua lucida follia" aggiunge l'autore. "È l'esasperazione di un mondo dove si fa tutto per seguire la moda diventando conformista nell'anticonformismo - nell'abbigliamento, nella musica, nelle letture, persino nel regime alimentare. Vede, in questo libro di autobiografico non c'è niente, tranne i dubbi, quelli son tutti i miei: la chiesa, la religione, la famiglia. Anche nei momenti di più grande successo personale ho sempre avuto il dubbio di aver cominciato a cantare per far colpo su una ragazzina, per eccesso di ego. Ma il fatto di non considerarmi né cantautore né cantante né scrittore di professione mi permette di liberare me stesso. Scrivere è naturale, lo faccio senza alcun senso di responsabilità. È insopprimibile, inevitabile. Anche se fosse un twit o un biglietto da appiccicare sul frigo perché mi urge una frase... quel momento è comunque irripetibile; creare un mondo con le parole - che sia una stanza o dieci universi paralleli - è un'emozione che non ha uguali".

Giuliano Sangiorgi
Inutile dire, Sangiorgi è Sangiorgi: qualunque cosa scriva anche se inutile e scialba, a livello stilistico risulta sempre eccelsa. Al liceo sfidava l'insegnante di lettere, un "limone" dalla faccia contratta che non sopportava il suo codino. Così una volta si presentò con i capelli lunghi e arruffati ("allora ne avevo tanti") davanti alla cattedra: "Mi interroghi!" le disse. E quella, furente, lo cacciò dall'aula, ma non riuscì mai a dargli meno di sei, perché "Sangiorgi è uno che scrive benino". "Il sabato stavo in casa, aspettavo che i miei uscissero per fare lo stupido davanti allo specchio" racconta. "Non sapevo ancora suonare la chitarra, strimpellavo il piano. Accendevo le luci colorate, quelle che lampeggiano con la musica, sparavo a tutto volume Rattle and Humdegli U2 e facevo finta di essere uno di loro. All'epoca era Leopardi il compagno delle mie solitudini. Mi sconvolgeva quel pessimismo storico e cosmico che gli permetteva di essere così spaventosamente analitico. Poi negli anni ho amato Furore di Steinbeck, Fight Club di Palahniuk e, più recentemente, Educazione siberiana di Nicolai Lilin, Tutti i colori del mondo di Giovanni Montanaro e Dentro di Sandro Bonvissuto, un capolavoro. Non seguo un genere musicale né uno stile letterario, mi faccio attraversare da tutto. Mi hanno chiesto se ritengo di essere un buon esempio per i giovani; io rispondo: anche di quelli cattivi abbiamo bisogno, altrimenti non avremmo avuto Baudelaire".

3/5

Recensione "La ragazza di fuoco" - Suzanne Collins

Lo Stato di Panem. Dodici distretti (?). L’incessante e rigido controllo di Capitol City. La costante vigilanza del presidente Snow. Un imminente minaccia sta per abbattersi scatenando violente reazioni di ribellione da parte dei distretti. E "nel settantacinquesimo anniversario, affinché i ribelli ricordino che anche il più forte tra loro non può prevalere sulla potenza di Capitol City, i tributi maschio e femmina saranno scelti tra i vincitori ancora in vita."

Katniss Everdeen sta per rivivere i suoi più tremendi incubi, che l’assillano dal termine della settantaquattresima edizione degli Hunger Games. E accanto a lei ci sarà una delle persone a cui tiene di più: Peeta o Haymitch. E involontariamente Katniss ha acceso la scintilla che farà scoppiare l’incendio della ribellione. Il senso di ingiustizia e sottomissione è sempre più forte tra gli abitanti dei distretti. E’ finito il tempo dei controlli e delle manipolazioni, ora i dodici distretti sono decisi a rivendicare la propria indipendenze e autonomia da Capitol City. E da quando Katniss Everdeen ha sfidato apertamente Capitol City, quest’dea è diventata sempre più vicina, sempre più tangibile… e l’annuncio dell’Edizione della Memoria degli Hunger Games è stata la miccia che ha fatto esplodere la bomba. Gli eroi delle precedenti edizioni degli Hunger Games stanno per tornare nell’arena e anche questa volta sarà solo uno il vincitore. A meno che…

Oh bèh sarebbe davvero mostruoso rivelare nei dettagli la trama di questo secondo libro, perciò mi limiterò a dare generali indicazioni riguardo ad esso. Premetto che sicuramente non è come il primo capitolo della trilogia, ma nonostante ciò non me la sono proprio sentita di dare un voto minore di 5 stelline. La prima parte del libro è quella che, a parere dei lettori, è più lenta e monotona, priva di qualunque particolare evento…eppure io sono del papere opposto. E’ la parte più significativa del romanzo; da queste pagine trapela l’insoddisfazione dei distretti, il rifiuto del controllo di Capitol City, la volontà di porre fine a questo “regime” di terrore e monopolio sulle coscienze degli abitanti dei 12 distretti. Viene accuratamente descritto, senza troppi giri di parole e senza descrizioni prolisse, le condizioni di vita soprattutto del 12 distretto che, se negli anni addietro era stato uno dei distretti forse più avvantaggiato (sia per la possibilità di aggirare le regole di Capitol City, e per l’assenza di Pacificatori brutali e spietati), si ritrova, adesso, a vivere in condizioni disastrose, con un nuovo capo di Pacificatori, non più disposto a “chiudere un occhio” sulla mancata osservazioni delle leggi, pronto a punire con mezzi violenti chiunque si rifiutasse di prestare obbedienza. Tutto ciò viene descritto dalla Collins con essenzialità nel lessico e nello stile. Non divaga mai in lunghe e piatte descrizione ma presenta ogni scienza solo in base alle azioni e ai pensieri dei personaggi. E forse è proprio questa essenzialità che fa sì che si ha l’impressione di trovarsi tra le pagine del libro, in giro tra i vari distretti, a soffrire nell’ arena degli Hunger Games. E’ molto facile partecipare agli stati d’animo della protagonista, ai suoi timori, i suoi dubbi, le sue insicurezze e i suoi terrori; è molto facile amare i personaggi che si rivelano non per i loro pensieri ma per le loro azioni; è facile amare Peeta com’è facile amare contemporaneamente Gale; ma nonostante tutto è ancora più facile tifare principalmente per Peeta.
E cosa altrettanto importante, che mi spinge ad amare ancor di più questo romanzo, è il significato che mi è venuto spontaneo dare a tutti gli eventi di rivolta dei distretti: è così che dovremmo agire. Abbiamo bisogno anche qui di una rivolta ed abbiamo bisogno della nostra ghiandaia imitatrice che dia il via ad essa.

5/5