giovedì 2 agosto 2012

Recensione "La favola di Amore e Psiche"- Apuleio


C’era una volta un re, la cui figlia Psiche era talmente bella da attirare il culto dovuto alla dea Venere, fino a suscitare la gelosia e l’odio da parte di quest’ultima. Psiche, condannata per la sua bellezza, è destinata, sotto consultazione dell’oracolo Apollo, ad essere abbandonata su una montagna desolata dove dovrà prenderla in sposa un essere mostruoso, crudele e feroce tale da esser temuto dallo stesso Giove. Lì viene in seguito rapita da Amore, figlio di Venere il quale la deposita su una vallata fiorita: questo luogo ha le caratteristiche del locus amoenus, ovvero il paesaggio ideale (termine nato nella classicità, con Omero): il prato fiorito, gli alberi ombrosi, le sorgenti d’acqua cristalline ed il palazzo incantato, luogo dell’amore tra Psiche e Amore, alla quale Psiche accede con l’aiuto del vento Zefiro che con il suo soffio la deposita giù dalla rupe. All’interno di questo maestoso castello, Psiche trascorre numerosi notti a fianco di un essere a lei ignoto, poiché gli è stato ordinato di non guardare mai il volto di colui che giace accanto a lai la notte. Ma la curiosità è sempre presente nell’animo umano e una notte Psiche, spinta dalle due sorelle invidiose della sua bellezza e delle sue ricchezze, prende una lucerna per illuminare il volto del suo amante sconosciuto, sicura che le apparirà davanti lo sguardo di un serpente. Invece si ritrova davanti il bel volto di Amore: “vede il biondo capo e i fluenti capelli umidi d’ambrosia, vede sul collo bianco come il latte e sulle gote rosate le morbide ciocche di capelli sparse alcune sul petto, altre sulle spalle: dinnanzi a questa bellezza sfolgorante anche la stessa fiamma della lucerna sembra vacillare. Sulle spalle del dio alato splendevano piume morbide di rugiada sfolgoranti di sfavillante fulgore […]. Il resto del corpo era liscio e splendente e tale che la stessa Venere non poteva pentirsi di averlo generato. […] Così l’ignara Psiche per colpa sua fu presa dall’amore di Amore. Allora, sentendo crescere irresistibilmente dentro di sé la voluttà per il dio della voluttà, china su di lui con le labbra dischiuse prese a baciarlo e ribaciarlo con baci appassionati, senza freno, temendo solo che si svegliasse.”
La curiosità è l’origine della perdita. Come Orfeo che si volta a guardare Euridice, nonostante avesse promesso di non farlo fino a quando tutti e due fossero stati in salvo, ma il dubbio che la sua amata non lo stesso seguendo lo spinge a voltarsi indietro perdendola, così, per sempre. All’interno del romanzo apuleiano, la Metamorfosi, la favola di Amore e Psiche si colloca in una serie di avventure subordinate alla seria: colpa-pena-espiazione-felicità. Così come Lucio, l’uomo asino, Psiche cade nella colpa a causa di semplice curiosità, percorre un cammino di espiazione, paga per la sua leggerezza e culmina nella beatitudine del possesso eterno. L’intreccio amoroso che nel romanzo greco accompagna sempre l’elemento avventuroso-fantastico, è l’elemento conduttore attorno al quale si sviluppano le vicende avventurose, gli ostacoli e le prova a cui Psiche è sottoposta e che solo grazie all’esercizio di virtù a lei sconosciute, riuscirà a superare.
Dopo la perdita giunge la conversione. Dopo aver perso il suo amante, Psiche giunta ormai al punto più basso, dopo esser fallito il suo tentativo di togliersi la vita, inizia un rovesciamento psicologico che trasformerà la semplice e ingenua Psiche, in una donna che riuscirà ad escogitare un piano per raggirare le sorelle portandole alla morte. Solo a questo punto della favola Psiche impara ad amare: solo il desiderio di una conoscenza dell’altro rende potente l’amore e consente all’innamorato di affrontare qualunque difficoltà e qualunque ostacolo pur di riconquistare l’amato. Spinta da questo desiderio Psiche riesce ad affrontare con coraggio e volontà le prove che Venere le infligge e vincere la gelosia e l’ira della dea superba.
Ma se Psiche si fosse lasciata andare alle prodezze sessuale del suo amati senza aver voglia di capire che fosse, e se Orfeo avesse avuto la forze di non girarsi a guardare se davvero la sua Euridice lo stesse seguendo, allora queste narrazioni sarebbero diventate pilastri della letteratura? Ne dubito! Sarebbero rimaste pure e semplici narrazioni e non sarebbero state tramandate e di conseguenza, noi, non avremmo conosciuto la storia d’amore di Amore e Psiche. Con questi due esempi, così come quello di Lucio, la letteratura dimostra di esser fatta di curiosità e debolezza. Di aver bisogno di quel cedimento a prescindere che le cose vadano bene o male. Se quindi Orfeo non si fosse girato e Psiche non avesse osservato il volto del suo amante, allora non avremmo creduto alla forza del loro amore. Ed è per questo che forse che di questa favola, colpisce più la parte fatta di dolore e sacrificio e ci disinteressiamo del lieto fine. Almeno per me così è!

Quella di Amore e Psiche è una favola che tutti conosciamo, ma leggerla è sempre un piacere per la mente. Parlare di Amore sembrerà forse banale ai nostri giorni. Parlano tutti di Amore come se fosse un non-nulla e a volte mi chiedo se realmente esista questo sentimento o se è solo una parola priva di significato altamente usata per descrivere piccole infatuazioni e “cottarelle” dalla breve durata. Si sente parlare tanto di Amore e poi nessuno sa cos’è. Ma quando ho tra le mani storie come questa di Amore e Psiche, la speranza sembra riaffiorare. Quella di Amore e Psiche è una favola che rinchiude in sé tutti gli elementi della tradizione fiabesca popolare: linguaggio asciutto, breve, rapido. Direi Essenziale. Si perché ‘essenzialità’ è la parola-chiave di questa favola. Essenziale è il linguaggio, essenziale è il lessico, essenziale è lo stile, asciutto, minimale. I personaggi si definiscono attraverso le azioni e non attraverso i loro pensieri. Ma poiché essenziale non è sinonimo di povertà, questa favola non manca di commuoverti e appassionarti. Un amore essenziale, privo di smancerie ed effusioni, ma il coraggio di esporsi a pericoli per riavere l’uomo che si ama basta per rendere questa storia emozionante e a far battere il cuore.

Anno pubblicazione: 120 d.C.
Editore: Newton Compton
Voto complessivo: 5/5

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