giovedì 23 agosto 2012

Adam Sevani torna a ballare in "Step up4 revolution"

Pronti a scendere in pista con il nuovo ed entusiasmante episodio della saga "Step Up": STEP UP 4 REVOLUTION. Diretto da Scott Speer, la pellicola ha come protagonisti Ryan Guzman e Kathryn McCormick, e conta sulla partecipazione di Peter Gallagher, che tutti noi conosciamo come Sandy Cohen in The O.C. e Adam Sevani che anche in questo episodio vestirà i panni dell'indimenticabile Muso, il ragazzo che con la sua gaiezza,la sua simpatia e i suoi passi di danza, ci ha affascinato per gli ultimi due film. A differenza dei primi tre film, prodotti dalla Touchstone Pictures e distribuiti dalla Walt Disney Pictures, questo sarà il primo ad essere prodotto e distribuito esclusivamente dalla Summit Entertainment senza l'influenza della Touchstone. 

Trama:  Emily (Kathryn McCormick), figlia di un attivissimo uomo d'affari, si trasferisce a Miami con la speranza di diventare una ballerina professionista, ma si innamora di Sean (Ryan Guzman), un ragazzo a capo di un gruppo di ballerini che inscena elaboratissimi flash mobs per la città. La crew, chiamata the MOB, punta a vincere un torneo di ballo che mette in palio un'opportunità di sponsor, ma il padre di Emily (Peter Gallagher) è interessato a comprare lo storico quartiere dove essi si esibiscono. Emily, insieme Sean ed i MOB, deciderà di organizzare una protesta fatta di sola danza, nella quale metterà in ballo i propri sogni lottando per una buona causa.

Trailer italiano:

Con le musiche di Aaron Zigman, la colonna sonora di Jennifer Lopez e Flo Rida, e le strabilianti coreografie di Travis Wall, tenetevi pronti e non perdetevi questo altro episodio di "Step Up".

Recensione "I Tudors" - seconda stagione

"Brava gente cristiana, io sono venuta qui a morire rispettando la legge e rimettendo me stessa alla volontà del re, mio signore. E se nella mia vita ho mai offeso la grazia del re, di sicuro con la mia morte farò adesso ammenda. Io prego e imploro tutti voi di pregare per la vita del re, il mio e il vostro sovrano e signore, che è uno dei migliori principi sulla faccia della Terra e che mi ha sempre trattato con benevolenza. Per cui io mi sottopongo alla morte volentieri e chiedo umilmente perdono a tutto il mondo. Se qualcuno dovesse accogliere la mia causa, chiedo solo di venire giudicata con clemenza. Così io mi congedo dal mondo e da voi. Desidero, con tutto il cuore che preghiate per me”. 

E’ con estrema dignità che ha termine una vita che l’Inghilterra, credo, possa vantare. La presenza di Anna Bolena sul trono d’Inghilterra non fu molto benevola: soggetta a sguardi colmi d’odio, voci sprezzanti e continui complotti. Durante la sua incoronazione, avvenuta nel maggio del 1533, si udirono pochi grida che invocavano “lunga vita alla regina”, anzi furono udite numerose risate di scherno e ingiurie contro la nuova 

regina e a favore di Caterina. Anna era odiata per molti motivi: prima di tutto, aveva umiliato pubblicamente l'amata regina Caterina d'Aragona, simbolo dell'integrità morale, dell’antica fede cristiana e dell'umiltà per tutti i sudditi. Inoltre, l'aver spinto Enrico a separarsi dalla Chiesa di Roma e dal papa poteva essere solo frutto di un potente e malefico sortilegio, poiché nessuna brava donna aveva mai fatto commettere azioni così scandalose ad un uomo, specialmente ad un re. Ciò faceva di Anna, agli occhi del popolo, una crudele e spietata strega. Nonostante tutto ciò, Anna camminò sempre a testa alta e con grande dignità, solo per l’amore verso il re. La sua sicurezza dipendeva da questo. Ma questa sicurezza non durò a lungo; infatti all’ottavo mese di gravidanza Anna ebbe un funesto litigio con Enrico il quale le disse che avrebbe dovuto chiudere gli occhi e sopportare le altre amanti come donne migliori di lei avevano fatto, alludendo a Caterina la quale aveva dovuto “accettare” che il re avesse numerosissime amanti. E nonostante tutto è stata condannata a decapitazione per aver giaciuto con “oltre cento uomini” come disse mastro Cromwell. Dopo aver sopportato i tradimenti di Enrico è stata lei stessa giudicata come adultera, portata sul patibolo e uccisa dal boia. Ma nonostante il dolore e l’approssimarsi della sua morta, Anna con grande dignità e amore ha supplicato il popolo di pregare per il suo re che è buono e giusto: La mia ammirazione nei suoi riguardi cresce a dismisura, per aver camminato sempre a testa alta e soprattutto per aver perseverato nell’amore del re anche quando quest’ultimo le aveva voltate le spalle.

Così come l’avevamo lasciata la serie continua a raccontare gli intrighi e gli scandali alla corte di Enrico VII, solo con un maggiore tasso di erotismo e violenza e  lasciando maggiore spazio ad altri personaggi. La seconda stagione si concentra molto sulla figura del segretario Thomas Cromwell, il quale ebbe un ruolo notevolmente importante per la Riforma: vediamo, infatti, Cromwell portare avanti l’abolizione dei monasteri, inoltre sostenne apertamente la volontà del re di liberarsi di Anna Bolena per poi unirsi in matrimonio con Jane Seymour, spinto dal fatto che la regina aveva avuto da ridire sulla gestione del denaro derivato dalla soppressione dei monasteri. Accanto alla figura di Cromwell appare quella del subdolo e calcolare Tommaso Bolena, uomo privo d’animo e sensibilità che assiste alla morte dei due figli senza fare una piega perché ciò che importa è il suo titolo di conte, null’altro.
Emozionante la scena della morte di Anna Bolena; nonostante fossi già abituata all’idea della sua morte, vederla è stato davvero commovente. Le sue parole mi hanno fatto salire le lacrime agli occhi, i flashback sul passato di Anna, mentre da bambina giocava con il fratello e il padre, che sembrava quasi umano, sono stati davvero il massimo dell’emozione. Sarò sincera, nonosante in questa seconda stagione, Anna Bolena sia stata dipinta come una poco di buono, io continuo comunque a stimarla e ad amarla, come donna e come regina. Ma in questa serie è venuta a mancare anche un’altra donna che mi aveva affascinata per la sua fede e la sua integrità morale: Caterina D’Aragona. La scena della sua morte e della lettera che aveva scritto per Enrico sono state davvero ben curate, fatte per suscitare la commozione degli spettatori. Sempre ottime le interpretazioni degli attori, notevole la scenografia e i dialoghi, riprese suggestive ed eccellente fotografia. Gli ambienti sono finemente ricostruiti e i costumi riprendono alla perfezione la moda del ‘500. Adesso aspettiamo di vedere come si sviluppa la storia, con Jane Seymour come nuova regina d’Inghilterra e in seguiro Anna Cleves. 

giovedì 2 agosto 2012

Recensione "La favola di Amore e Psiche"- Apuleio


C’era una volta un re, la cui figlia Psiche era talmente bella da attirare il culto dovuto alla dea Venere, fino a suscitare la gelosia e l’odio da parte di quest’ultima. Psiche, condannata per la sua bellezza, è destinata, sotto consultazione dell’oracolo Apollo, ad essere abbandonata su una montagna desolata dove dovrà prenderla in sposa un essere mostruoso, crudele e feroce tale da esser temuto dallo stesso Giove. Lì viene in seguito rapita da Amore, figlio di Venere il quale la deposita su una vallata fiorita: questo luogo ha le caratteristiche del locus amoenus, ovvero il paesaggio ideale (termine nato nella classicità, con Omero): il prato fiorito, gli alberi ombrosi, le sorgenti d’acqua cristalline ed il palazzo incantato, luogo dell’amore tra Psiche e Amore, alla quale Psiche accede con l’aiuto del vento Zefiro che con il suo soffio la deposita giù dalla rupe. All’interno di questo maestoso castello, Psiche trascorre numerosi notti a fianco di un essere a lei ignoto, poiché gli è stato ordinato di non guardare mai il volto di colui che giace accanto a lai la notte. Ma la curiosità è sempre presente nell’animo umano e una notte Psiche, spinta dalle due sorelle invidiose della sua bellezza e delle sue ricchezze, prende una lucerna per illuminare il volto del suo amante sconosciuto, sicura che le apparirà davanti lo sguardo di un serpente. Invece si ritrova davanti il bel volto di Amore: “vede il biondo capo e i fluenti capelli umidi d’ambrosia, vede sul collo bianco come il latte e sulle gote rosate le morbide ciocche di capelli sparse alcune sul petto, altre sulle spalle: dinnanzi a questa bellezza sfolgorante anche la stessa fiamma della lucerna sembra vacillare. Sulle spalle del dio alato splendevano piume morbide di rugiada sfolgoranti di sfavillante fulgore […]. Il resto del corpo era liscio e splendente e tale che la stessa Venere non poteva pentirsi di averlo generato. […] Così l’ignara Psiche per colpa sua fu presa dall’amore di Amore. Allora, sentendo crescere irresistibilmente dentro di sé la voluttà per il dio della voluttà, china su di lui con le labbra dischiuse prese a baciarlo e ribaciarlo con baci appassionati, senza freno, temendo solo che si svegliasse.”
La curiosità è l’origine della perdita. Come Orfeo che si volta a guardare Euridice, nonostante avesse promesso di non farlo fino a quando tutti e due fossero stati in salvo, ma il dubbio che la sua amata non lo stesso seguendo lo spinge a voltarsi indietro perdendola, così, per sempre. All’interno del romanzo apuleiano, la Metamorfosi, la favola di Amore e Psiche si colloca in una serie di avventure subordinate alla seria: colpa-pena-espiazione-felicità. Così come Lucio, l’uomo asino, Psiche cade nella colpa a causa di semplice curiosità, percorre un cammino di espiazione, paga per la sua leggerezza e culmina nella beatitudine del possesso eterno. L’intreccio amoroso che nel romanzo greco accompagna sempre l’elemento avventuroso-fantastico, è l’elemento conduttore attorno al quale si sviluppano le vicende avventurose, gli ostacoli e le prova a cui Psiche è sottoposta e che solo grazie all’esercizio di virtù a lei sconosciute, riuscirà a superare.
Dopo la perdita giunge la conversione. Dopo aver perso il suo amante, Psiche giunta ormai al punto più basso, dopo esser fallito il suo tentativo di togliersi la vita, inizia un rovesciamento psicologico che trasformerà la semplice e ingenua Psiche, in una donna che riuscirà ad escogitare un piano per raggirare le sorelle portandole alla morte. Solo a questo punto della favola Psiche impara ad amare: solo il desiderio di una conoscenza dell’altro rende potente l’amore e consente all’innamorato di affrontare qualunque difficoltà e qualunque ostacolo pur di riconquistare l’amato. Spinta da questo desiderio Psiche riesce ad affrontare con coraggio e volontà le prove che Venere le infligge e vincere la gelosia e l’ira della dea superba.
Ma se Psiche si fosse lasciata andare alle prodezze sessuale del suo amati senza aver voglia di capire che fosse, e se Orfeo avesse avuto la forze di non girarsi a guardare se davvero la sua Euridice lo stesse seguendo, allora queste narrazioni sarebbero diventate pilastri della letteratura? Ne dubito! Sarebbero rimaste pure e semplici narrazioni e non sarebbero state tramandate e di conseguenza, noi, non avremmo conosciuto la storia d’amore di Amore e Psiche. Con questi due esempi, così come quello di Lucio, la letteratura dimostra di esser fatta di curiosità e debolezza. Di aver bisogno di quel cedimento a prescindere che le cose vadano bene o male. Se quindi Orfeo non si fosse girato e Psiche non avesse osservato il volto del suo amante, allora non avremmo creduto alla forza del loro amore. Ed è per questo che forse che di questa favola, colpisce più la parte fatta di dolore e sacrificio e ci disinteressiamo del lieto fine. Almeno per me così è!

Quella di Amore e Psiche è una favola che tutti conosciamo, ma leggerla è sempre un piacere per la mente. Parlare di Amore sembrerà forse banale ai nostri giorni. Parlano tutti di Amore come se fosse un non-nulla e a volte mi chiedo se realmente esista questo sentimento o se è solo una parola priva di significato altamente usata per descrivere piccole infatuazioni e “cottarelle” dalla breve durata. Si sente parlare tanto di Amore e poi nessuno sa cos’è. Ma quando ho tra le mani storie come questa di Amore e Psiche, la speranza sembra riaffiorare. Quella di Amore e Psiche è una favola che rinchiude in sé tutti gli elementi della tradizione fiabesca popolare: linguaggio asciutto, breve, rapido. Direi Essenziale. Si perché ‘essenzialità’ è la parola-chiave di questa favola. Essenziale è il linguaggio, essenziale è il lessico, essenziale è lo stile, asciutto, minimale. I personaggi si definiscono attraverso le azioni e non attraverso i loro pensieri. Ma poiché essenziale non è sinonimo di povertà, questa favola non manca di commuoverti e appassionarti. Un amore essenziale, privo di smancerie ed effusioni, ma il coraggio di esporsi a pericoli per riavere l’uomo che si ama basta per rendere questa storia emozionante e a far battere il cuore.

Anno pubblicazione: 120 d.C.
Editore: Newton Compton
Voto complessivo: 5/5